Il 28 Febbraio 2021 ricorre il 65° anniversario della morte del Beato Carlo Gnocchi - che ha vissuto e trascorso la sua giovinezza a Montesiro.
Facciamo memoria di don Carlo attraverso il racconto di un nostro concittadino, Eugenio Corti, che lo ha conosciuto personalmente.
In questo video Eugenio Corti racconta il suo speciale ricordo del Beato don Carlo Gnocchi.
Eugenio Corti è uno scrittore brianzolo noto per il romanzo "Il cavallo rosso" e il diario "I più non ritornano", preziosissimo documento storico in cui narra le vicende belliche sul fronte russo nell'inverno 1942-43
in memoria del Beato Carlo Gnocchi
Domenica 28 Febbraio alle ore 20.30
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Intervista a Corti su Don Gnocchi
Nel dicembre 2011, il grande scrittore Eugenio Corti parla del suo caro amico don Gnocchi.
"In vita mia ho conosciuto due santi: don Luigi Giussani e don Carlo Gnocchi.
Due persone abissalmente diverse, ma entrambe anime elevatissime e, per la mia esperienza, ugualmente sante.
Il primo era un maestro che seppe appassionare alla fede tanti giovani, il secondo un animo semplice tutto dedito agli altri.
Capitò un giorno che ci incontrammo per strada.
Ogni volta che ci incrociavamo mi ripeteva sempre la medesima raccomandazione:
«Sposati presto, perché non è bene aspettare».
Ma quella volta avevo la risposta pronta.
Avevo infatti deciso di sposarmi con Vanda.
«E perché non me lo hai detto?».
«Ma don Carlo, sa, lei è così impegnato, io, non osavo», biascicai in qualche modo.
Tirò fuori dal taschino quel suo famoso taccuino dei morti e mi fissò una data.
24 maggio 1951. Pare ieri.
Era la sera precedente il matrimonio e per le strade di Assisi – lì mi sono sposato perché mia moglie è di quelle parti – passeggiavamo io, mia moglie, don Carlo, il mio testimone di nozze, Mario Bellini, che era stato con me sul fronte russo, e il testimone di mia moglie, Arnaldo Fortini, sindaco di Perugia e chiarissimo studioso francescano.
Il cielo era terso, il clima incantato e la conversazione scorreva così piacevole che proseguimmo fino a notte tarda, sebbene l’impegno dell’indomani avesse dovuto consigliarci altro comportamento. Eppure eravamo tutti quanti eccitati, chi per una ragione, chi per un’altra.
Fortini narrava con enfasi le ultime scoperte in ordine ai suoi studi, Bellini di certi suoi incontri straordinari di cui voleva far partecipe don Carlo, io, oltre che per quel che si può facilmente immaginare, perché s’era all’indomani dei successi elettorali della Democrazia Cristiana e – incoscienza giovanile – già vedevo aprirsi una nuova era di cristianizzazione del paese.
Ma più d’ogni altro, era don Carlo ad essere gasato. Era appena tornato da Parigi, dove s’era recato perché aveva sentito parlare dei primi progressi della chirurgia plastica. V’erano, infatti, nella capitale parigina dottori che, esperti in questo genere di arte, s’arricchivano con i soldi delle dive.
Potete immaginarvi la sorpresa di costoro, non certo dei baciapile e alieni da qualsiasi simpatia cristiana, quando si videro di fronte il mio amico in tonaca.
Eppure – è questa una prerogativa dei santi – seppe convincerli che dovevano aiutarlo: «Almeno le bambine dovete curarmele». Così, ci raccontava in quella sera primaverile don Carlo, era riuscito a strappargli un “sì” e da quel giorno in poi, di fine settimana in fine settimana, portava a Parigi una dozzina delle sue mutilatine, ragazzine la cui sfortuna era evidente nelle ossa sporgenti e orribili del volto.
Le fece sistemare tutte. «Le mie bambine – diceva sempre come solo un sant’uomo sa dire – le voglio tutte belle come le dive del cinema».
Ecco, dunque, di che cosa ho da ringraziare Dio. D’aver conosciuto dei santi.
Gente che, anche a un profano come me, ha fatto sentire con maggior vigore la presenza della provvidenza nel quotidiano vivere."