Col c.9 viene introdotto Paolo attraverso il racconto della sua vocazione/conversione e - in parallelo - l’attività di Pietro. Con il c.10 si aprono le porte ai pagani: il bell’episodio dell’incontro tra Cornelio e Pietro inaugura questo allargamento dei confini, che suscita qualche perplessità tra i cristiani di Giudea (c.11).
La dispersione dei cristiani a causa della persecuzione fa arrivare il vangelo anche ad Antiochia, dove per la prima volta i discepoli sono chiamati “cristiani” (fino a quel momento erano considerati una delle sette giudaiche); questo cambio di prospettiva porta in primo piano l’opera di Barnaba e Paolo. L’apertura ai pagani non è così pacifica, tanto che la Chiesa ritiene di dover prendere una decisione solenne: a Gerusalemme vengono convocati tutti (è il primo “concilio”) per dirimere la questione (c.15).
Risolta la questione (e, tra l’altro, in un modo proprio edificante) Paolo vuole ritornare nelle comunità che ha fondato, ma non riesce ad accordarsi con Barnaba; il dissenso è tale che i due si separano per sempre! A volte succede, ma - in seguito - nessuno dei due parlerà mai male dell’altro. Anche questo è un modo molto istruttivo di vivere il conflitto. Dunque proseguiranno insieme Paolo e Sila, attraversando l’Asia minore.
Raccolgo solo una suggestione: in questi capitoli la chiesa nel suo insieme e gli apostoli singolarmente, sono costretti ad affrontare dei momenti di conflitto e di chiarimento, di tensione e di rinnovata fiducia. La vita della Chiesa credo non riesca mai ad uscire da queste tensioni e polarità (sia nel suo insieme che tra i suoi membri rappresentativi), ma questo non ostacola l’annuncio del vangelo. C’è molta “buona notizia” in tutto questo.
don Paolo, parroco
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