C'è un duplice atteggiamento da evitare con determinazione: l'indifferenza che si fa egoismo, chiusura nel proprio cammino, che arriva fino a lasciare che il fratello o la sorelle scivolino verso il male. A questo poi si aggiunge il giudizio cattivo di fronte a chi sbaglia!
Esercitiamo, come ci ha richiamato il nostro Arcivescovo in questa Quaresima, la correzione fraterna. Essa è scuola di vita indispensabile per la crescita delle nostre Comunità cristiane. Impegnativa, di certo, ma preziosissima. Come fare?
Anzitutto il tono di voce sia sempre sereno, paterno, paziente e comprensivo. Nell'analisi si parli con serenità pur dicendo cose impegnative e a tratti magari anche dure. Nel giudizio, invece, il tono della voce si fa subito cattivo ed imperioso.
Portiamo poi il peso gli uni degli altri, che ci rende consapevoli di quanto grande sia il peso dell'altro, tremendo se lasciato solo, dolce se condiviso. Mettiamoci nei panni dell'altro, condividiamo la sua storia.
Non si può tacere, correggere è doveroso, con lo stile giusto, ma si cancelli quel detto devastante, "io mi faccio i fatti miei!"
Sia questo tempo tribolato, occasione per questo esercizio di carità che chiede anzitutto coerenza personale e conversione continua del cuore.